Lo studio - progetto e ricerca


Lo studio luogo di creazione
Progetto e ricerca come pratica artistica, anni: 80-90.

Di Eduardo Rodà
proscenio170@gmail.com



Nel 1982, ebbi per la prima volta uno studio d’artista; prima negli anni, lo studio fungeva anche da camera da letto; mi rendeva felice.…..(All’epoca, avere questo grande stanzone nel quale per almeno i prossimi cinque anni  potersi consacrare interamente alla mia arte ) ……..
Due decenni dopo lo stesso spazio, adiacente al nuovo studio, diventerà il deposito per le mie opere.
Ispirato dalle teorie moderniste e minimal, l'idea era quella del cubo bianco, con al centro un grande tavolo di lavoro e le pareti tutt'attorno libere, per poter accogliere gli ultimi lavori, che crescendo in numero, trovarono posto  anche nell'appartamento.



































© Eduardo Rodà-LINEA-STRISCIA-QUADRATO-1985-cm.35x50-matita su carta Arches-Foto Archivio Rodà.








Era il periodo di linea-striscia-quadrato, lavoro di ricerca pittorica, di elementi grafici  primari e paletta di colori ristretta, ai vari: gialli, blu e rossi; la ricerca aveva avuto le sue premesse nelle mostre di Torino con il gruppo Opera ’80, al Centro Parete ed alla Galleria Comunale di Cambiano (To) nel ’77 e dopo, nella mia prima mostra collettiva di artisti italo-canadesi (tra cui Guido Molinari) a Montréal nell’autunno del 1980 a Place Bonaventure.
Tale periodo di ricerca si protrarrà fino  al 1985.

Il mio percorso artistico che si situa tra il 1977 e il ’85, oggi, a ritroso, lo considero come un periodo d’appropriazione {azione dell’appropriarsi} di una cultura modernista, tale cultura aveva segnato con le avanguardie storiche, tutta la prima ed in parte la seconda metà del ‘900.
Tale cultura mi aveva influenzato direttamente, in primus, come fonte d’ispirazione, per tutti i lavori giovanili del periodo universitario, fino al 75-76, per poi divenirne materia di supporto e di referenza.

Dal 1984 una condizione Post-Moderna era ben tangibile nelle mie pitture.
Il fatto di essersi misurato con una cultura nord americana e con una realtà specificamente montreal-quebecchese,  mi avevano indotto a proseguire su una strada che deviava dalle correnti in voga all’epoca, soprattutto: il post-espressionismo tedesco e la trans-avanguardia italiana e mi invitava a ricercare un possibile sviluppo nel contesto di una astrazione geometrica contemporanea, lontana da posizioni assolutiste e puriste.

Fù così che scoprii, con mio stupore l’attività del movimento new-yorchese neo-geo e post-pop- art senza peraltro sentirmi vicino alla poetica di questi gruppi.
Non piu solo, continuai nella mia avventura esclusivamente montrealese e forse canadese, oggi ne sono convinto.
























© Eduardo Rodà-FOCUS-1986-cm. 30x30 ciascuno-cm.30x390-insieme-matita,matite colorate e griglia in plastica su carta Arches-(Installazione in situ-atelier)-Foto Collage-Eduardo Rodà-1986-Montréal-Archivio Rodà.









Al 1986, risale il mio primo disegno geometrico (Mise-au-point) dove la referenza diretta all’inquadratura di un’immagine con l’ausilio di un mezzo meccanico (la macchina fotografica) sarà il primo gesto ed atto extra-pittorico, aprendo cosi di fatto la strada ad una ricerca artistica su questo stesso tema che si protrarrà negli anni a venire e dove gli elementi extra-pittorici, legati alla vita contemporanea, appariranno più frequentemente.

Nel 1988, ero già pronto a presentare le opere le piu recenti, in seguito alla mini retrospettiva del 1985 al Centro Comunitario Cristoforo Colombo di Montréal, che aveva segnato la fine di un certo modo d’indagare e d’appropriarsi.

Dopo aver contattato le tante gallerie d’arte, di Montréal, che pensavo potessero rappresentare il mio lavoro, mi resi conto da subito che per un giovane artista e per il tipo di lavoro che proponevo era difficilissimo poter entrare a fare parte di una galleria d’arte privata.

Tra le tante note negative, finalmente una positiva è fu quella che veniva dall’allora direttore della Galerie Esperanza, quotata galleria d’arte di Montréal, il professore Gianguido Fucito, italiano d’origine, veneziano, per l’esatezza, il quale seppe indirizzarmi sapientemente, raccomandandomi di mantenere il contatto.
Infatti, dieci anni dopo, nel 1998, sotto la sua guida, ma questa volta come direttore della Galerie-Bernard, iniziai un viaggio artistico ed una collaborazione che si protrarrà fino al 2012.

All’epoca, nell’88 dunque e per circa dieci anni, non mi rimase altro da fare se non iniziare un percorso espositivo che mi portò in varie regioni del Québec, in centri d’artisti, gallerie universitarie e maisons de la culture.

I luoghi si prestarono bene alla mia voglia d’investire gli spazi in piena libertà, con dei progetti specifici, installazioni ed interventi in situ, come a : Matane con Circuit Ferme,  a Saint -Jean Sur-Richeliu con: Double, alla Galerie dell’ Université di Hull con: Cadrage sequence with blu background e alla Maison de la Culture di Ahuntsic-Cartierville  di Montréal con: Proscenium. Da ricordare inoltre la mia partecipazione all’importante  mostra collettiva Trajectoire /Peinture,  II Volet, del  1997, curata da Jean Dumont alla Maison des arts de Laval, una selezione di giovani artisti montrealesi e lavallesi che cominciarono la loro pratica artistica nella prima metà degli anni ’80, tali artisti in piena possessione dei propri mezzi e  medium artistici.

Alla base delle preoccupazione artistiche investigate, in quei anni, tra tratti di simulazioni legati al mondo della tecnologia contemporanea dei mezzi di diffusione di massa, i temi che rivenivano spesso, erano: Il Doppio e il suo simile, Circuito Chiuso o la lettura dell’opera in senso circolare, Inquadrare una sequenza con blu di fondo, dove l’inquadratura ed i punti di vista diversi, definiscono l’opera e Proscenium dove l’opera  con un intervento in situ ( l’installazione completa) poteva essere vista posizionandosi da un punto di vista preciso, come se si fosse a teatro davanti alla scena.
D’altro canto un mondo fatto di referenze ad artisti ed ai suoi modi di fare (alla maniera di):  Molinari, Y. Gaucher, C. Tousignant, ( i Plasticien di Montréal) ; di Paolini, Roy Linchtenstein  e di autoreferenzialità in  Rodà.

Gli aspetti artistici personali di ciascuno, m’interessarono solamente da un punto di vista puramente tecnico e di come questi artisti avessero risolto problematiche inerenti alla pittura, il tutto, quindi, usato unicamente come materiale di supporto alla maniera di un Ready –Made, tale poetica valse naturalmente anche per il mio lavoro, dove, spesso riutilizzo ridipingendo la stessa opera o  dettagli d’opere anteriori, nel contesto di opere piu recenti.

Non per ultimo, ma importante constatare che nella mia opera pittorica,  si riscontra volutamente una certa familiarità con la modernità, visibile, nei tratti, nelle forme e nei colori, che caratterizzarono la vita delle città moderne e  piu tardi di quelle contemporanee.


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