Gli anni duemila



Lo studio luogo di creazione   Gli anni duemila in dettaglio.                                                                      Di Eduardo Rodà
proscenio170@gmail.com  































©Haute Vitesse - acrilico su tela cm. 36.5x51 – 2004 – Eduardo Rodà








Gli anni duemila saranno segnati dalla serie di lavori “Dettagli”.
La serie dettagli, sono delle tele che riprendono parte di lavori precedenti, dei particolari, (immagini-modello) che ingrandendoli oppure rimpicciolendoli, diventano autonomamente opera singola.               I Dettagli per accedere a mondi differenti : equilibrio fragile d’una immagine che vive e va oltre la forza del dettaglio nel dettaglio, per assurgere ad opera indipendente.




Uno sguardo ravvicinato, un « visti da vicino » dettagli,  per allargare il campo visivo e mettere in moto l’immaginario di colui che guarda.
Uno sguardo che mantiene ancora una distanza, come se ci fosse una interposizione tra l’opera e il fruitore.

Nell’anno duemila, con la mostra « Proscenio – Tanto vicino quanto lontano » alla Maison de la culture  de Ahuntsic–Cartierville , prese vita, ciò che avrebbe assunto come importante strategia, l’orientamento del mio lavoro  per gli anni a venire : il passaggio rapido dalle piccole alle grandi dimensioni, l’oggetto pittura come oggetto di scena e l’intervento in situ, per rafforzare l’idea di proiezioni d’immagini.

Sarà un ritorno alle installazioni,  già sperimentate fin dal 1992, con la mostra : « Cadrage sequence with blu background » a la galerie de l’Université du Québec a Hull ed in tutte le altre mostre personali degli anni ’90, dunque, echi di pratica corrente, nel mio lavoro.


Testo critico, documento

Qui di seguito ho voluto riproporre il testo critico del professore Gianguido Fucito che accompagnò in modo esemplare, la mostra, presentandola al pubblico e alla critica del tempo.

Proscenio – Tanto vicino quanto lontano
Oggi la banalizzazione rimane il più grande rischio nell’arte in generale. Diviene quasi inevitabile, dal momento in cui la produzione raggiunge certe proporzioni, che si passa da un regime puramente estetico a quello di una produzione industriale, del consumo d’immagini.

L’artista Eduardo Rodà, anche nei suoi gesti ripetuti, è lontano dal trovarsi in un regime d’industria; una grande parte dell’originalità della sua opera, realizzata con talento e intelligenza, consiste giustamente ha metterci in guardia verso questo consumo gratuito d’immagini. Le sue forme, degli schermi, come abitualmente li chiama, sono di una grande plasticità – senza aggressività e scompiglio – un ambiente propizio all’ approfondimento di esperienze sensoriali ed immaginarie, un invito diretto e discreto alla ricerca di un sentimento d’interiorizzazione.

Oramai da più di quindici anni che la simulazione d’immagini generate con l’aiuto dell’ordinatore e del video, è diventata la preoccupazione estetica di Rodà. Egli ha cercato un nuovo modo di piegare lo spazio cosi ben conosciuto da tutti, quello dell’inquadrare, lo schermo che ci inquadra da sempre. È questo stesso inquadrare – arrestare l’immagine, come nel film e nella tv, qui diventa lo spazio espressivo e percepibile dell’artista, spazio abitato da colori diversi. Ecco che il dettaglio infinitamente piccolo, diventa infinitamente grande e assume per Rodà un’importanza determinante nella sua rappresentazione sequenziale : una messa in scena che simula il movimento di una cinepresa in piena azione.

Nell’opera, che si articola intorno a diverse serie d’immagini-dettagli, l’artista interviene in situ con dei piani riflessi : equilibrio fragile di un’immagine che vive e passa con forza dal dettaglio nel dettaglio, simbolo dell’intercessione fra due spazi. Ed è precisamente in quanto intercessore e non come oggetto della forma assegnata, che si afferma il significato della disposizione delle opere di questa mostra, ha tal punto, che ritroviamo l’eco, la tensione e la configurazione, percepite dalla sensibilità di ciascuno, il quale stabilirà poi la relazione fra il reale e il virtuale.

Rodà, con la presente mostra, ci propone una riflessione sull’immediatezza della memoria, una visione nello stesso tempo illusoria e reale costituita dall’accoppiamento d’immagini-schermi.
Un esame piu attento lascierà finalmente apparire degli spazi immensi che invitano l’immaginazione a esplorare tanto la monocromia quanto la luce.

Rodà, come tutti gli artisti autentici, sblocca, libera e provoca l’immaginario e la sensibilità di ciascuno, invitandoci ad esplorare i campi della coscienza attiva e della memoria. ©G.F.




















































© Copertina  catalogo 10 anniversario Proscènium 2000/2010 – foto Archivi Rodà









Gianguido Fucito – Canadese e veneziano di nascita. Artista multidisciplinare, collezionista d’arte, direttore di gallerie d’arte, critico, conferenziere e professore, fondatore d’Arteka Cabinet-conseil (1988), attraverso la quale egli mette a disposizione del gran pubblico e degli artisti, l’esperienza aquisita in trenta anni di teoria e pratica dell’arte. Le sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private.

Gli altri attori, che collaborarono alla riuscita ed al successo di publico dell’avvenimento, furono :
il fotografo montrealese  Michel Filion, che aveva curato un servizio fotografico nei locali della maison de la culture, sull’installazione e le opere della mostra Proscenio; il videasta David Mollet che aveva catturato in immagini quello che poi diventerà l’opera in corto-metraggio Proscenium, presentato al Festival International du film d’art de Montréal nel 2002.






                                                    Proscènium ( the work of Eduardo Rodà; © Arteka 2000 )






















































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