Dagli scuri cacciati
Dagli
scuri
cacciati
proscenio
Genesi
di un’installazione
ed
epilogo temporale
#Eduardo
Rodà
Questo era
l’intento che mi ero posto, quando finita l’installazione delle opere e chiuse
le luci di servizio, iniziava un altro tipo di lavoro forse il piu importante, quello
d’ illuminare sia lo spazio espositivo che naturalmente le opere.
Dopo vari
tentativi andati a vuoto, venne l’ idea, di ripartire da zero, facendo tutto lo
spazio buio, cioè: chiudendo ogni sorgente di luce, cosi ci ritrovammo nello scuro
piu assoluto……
Tanti
erano stati gli artisti e non mancano gli esempi, che usarono il nero come
punto di partenza, per le proprie creazioni: basti pensare a Leonardo da Vinci
e i suoi “Dagli scuri cacciati” il chiaro e lo scuro che avvolgono gli oggetti e le
persone in una misteriosa atmosfera; l’artista russo e moscovita Malevic con i
suoi quadrato
nero su nero, Kandinsky l’altro russo, con il suo spirituale nell’arte , il francese Pierre Soulages
con le sue opere testurate e di tanti esclusivi neri Outrenoir ed ancora l’americano
Serra con le sue opere su carta, piu indietro nel tempo, con l’Homo Sapiens che secoli fà, nel
paleolitico superiore, cominciò il grande viaggio creativo dell’umanità, nelle grotte scure, profonde e spesso
invalicabili, infine, per arrivare
al mondo virtuale di oggi, gli
schermi che avvolgono tutte le possibili immagini.
…..Il
tecnico delle luci, conosceva benissimo il suo lavoro ed iniziò cosi ad
accendere uno alla volta gli spot illuminando l’opera, una dopo l’altra ed
esclusivamente l’ opera. Il risultato fù veramente dei piu soddisfacenti.
Il nero
che aveva abitato le mie opere fin dall’inizio, inquadrando
le varie immagini , adesso usciva dalla tela, per trasferirsi
sui muri e sulle tele rimaneva il colore nella sua esclusiva brillantezza.
Il
dettaglio ingrandito
a dismisura o rimpicciolito, era al centro dell’attenzione, avvolto dagli scuri
e cacciato.
Passano
gli anni, intanto le serie di lavori si susseguono in uno sviluppo conseguente
per arrivare al 2013, dove Dagli scuri
cacciati da referenza storica diventa tema di un nuovo corpus di
opere e probabilmente di un corto.
Un viaggio
nei meandri della creazione.
Vista d’insieme dell’installazione, di Eduardo Rodà : Proscenio
– tanto vicino quanto lontano. Maison
de la culture Ahuntsic-Cartierville, Montréal 2000.
Dimensioni varie, acrilici su tela, sculture su legno al suolo ed
intervento in situ.
Da sinistra: Serie Rosarini, Close-up, 2 Senza Titolo e 2 interventi Murali.
Foto Michel Filion.
© Tutti i diritti riservati, di testi
ed immagini. ©Archivi Rodà
Un testo
Tanto Vicino quanto
lontano
L’opera in quanto “originale” perde la sua “aura” d’unicità man mano
che viene riprodotta. L’artista partecipa malgrado lui alla riproduzione della
sua opera, quando La fotografa per il suo dossier d’artista. La copia, le copie
nascono allora. Poi, la duplicata circola di piu in piu, allora che l’originale
si mostra raramente.
Nel mio lavoro, la copia è privileggiata, deliberatamente
all’originale, riducendo così la distanza tra i due, in modo da far sparire
quel “l’aura” d’unicità.
A partire del 1985, l’idea di simulazione d’immagini generate per
ordinatore e video, fanno gia parte delle mie preoccupazioni estetiche. Piu tardi,
le tele diventano similarità, in po come dei monitor, nei quali è possibile
percepire delle immagini con dei punti di vista, inquadrature e campi di colori
diversi. Immagini, simili ancora, a quelle di un film, dove il nostro punto di
vista si sposta come una camera in azione.
Nell’installazione – Proscenio- tanto vicino quanto lontano oltre
l’idea della copia, esiste quella del dettaglio che è dismisuratamente
ingrandito fino a diventare un oggetto di scena. Una serie di piccole
inquadrature, sono piazzate all’opposto della grande pittura centrale.
Il passaggio dalla grande superficie alla piccola e ancora alle
grandi superficie, si fà immediatamente e rapidamente. Le dimensioni in
grandezza sono variabili; lo spazio occupato dalla messa in scena, tiene conto
particolarmente della dimensione umana e della sua percezione – dei lavori piu
piccoli che sono offerti alla vista, la loro presenza, non essendo meno a
quella di un oggetto reale, come
le tele piu grandi, includendo quelle laterali, le quali sono ingrandite
fino a contenere la presenza visiva di piu persone.
Un dialogo si stabilisce attraverso “la finestra aperta sul
mondo”.Il tutto essendo la
preoccupazione la piu storica della pittura, questo dialogo diventa il simbolo
dell’informazione elettronica d’oggi. Cosi come una superficie contenente un
dettaglio o il tutto, ridotta a un “pamphlet-istruzioni per l’uso” che si da
con semplicità al primo colpo d’occhio.
La realizzazione di questo progetto avrà degli effetti positivi
nell’insieme del mio lavoro e della mia carriera d’artista.
Un aspetto di novità
nel mio lavoro, risiede nel fatto che nella stessa installazione, si
possono verificare dimensioni multiple e numerose scale di grandezza. I miei
lavori s’organizzano loro stessi, in serie e gruppi, riflettendo le fasi
emotive e intellettuali, di ricerca del momento e della mia vita d’artista
inscritta nell’epoca presente.
©Eduardo Rodà, Montréal 1999
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