spazi di proiezione


Spazi
di
proiezione

espaces de projection
projection space
#Eduardo Roda
















                              



                               © Eduardo Rodà - Poster  Mostra del 2008 – Archivi Rodà




Gli spazi delle proiezioni sono multipli, come multiple sono le tele che le ricevono, proiezioni mentali accolte su superfici  simili a degli schermi.

Una trentina d’opere, di dimensioni varie, scandiscono lo spazio aperto della galleria ad intervalli regolari nell’ unica sala espositiva del piano terra.
In questa mini-retrospettiva del 2008, si voleva fare il punto, storicizzando, il percorso artistico dell'artista, con opere che andavano dal 1971 in poi. In qualche modo, con uno sguardo a 360º, si poteva seguire, captando con un colpo d'occhio immediato, il filo conduttore che aveva caratterizzato le mie creazioni fin allora.

Vari momenti, scelte non certo facili, nate da molteplice visite in atelier, dalla direzione della galerie Bernard e di Arteka, che aveva prodotto il catalogo e finalizzato il testo per  questa mostra.

Dall'omaggio giovanile a Morandi e Mondrian,(degli anni italiani), passando per il secondo periodo di "linea striscia e quadrato" inizi anni '80 (in Canada), alle tele di  "Mise au point"  del  1986/88, fino a  "Monitor"  del 1992 e  "Urgence"  del 2008.






                     © Eduardo Rodà – Composizione 4 – 1976 – Olio su tela cm. 24x30






COMUNICATO STAMPA- Mostra d’arte  

Eduardo Rodà Spazio di proiezione,
Scelta di opere dal 1971.
Galleria Bernard, Montréal - dal 23 aprile al 24 maggio 2008.

La mostra alla Galleria Bernard costituisce un importante sorvolo di molti anni di lavoro d’Eduardo Rodà. L’artista, attivo sulla scena di Montréal e del Québec (Canada), non è stato dimenticato grazie a una produzione artistica sempre sostenuta. Le opere disponibili si leggono in piu` «tappe», che coprono gli anni 1971 al 2008. Un documento precedente (E.Rodà, spazio, colore e materia, Arteka 2004) aveva già presentato l’artista come colui che gioca sull’effetto materia, sollecitando dei valori sensoriali, dove il segno, lo spessore della pittura, la vibrazione dei colori sono preponderanti.

Ritroviamo, in questa mini retrospettiva, l’evoluzione di mezzi semplici : la creazione di uno  spazio di proiezione nuovo genere, poetico e particolarmente impressionante. Nella scelta delle opere, ritroviamo  lo spazio della prospettiva: lineare, geometrica, divisibile per delle avventure quasi illimitate dell’occhio sulla superficie delle forme realizzate in un cromatismo originale che si applica su  piani diversi al fine di creare una sensazione di rilievo. 

(…) La reputazione acquisita dall’artista Eduardo Rodà attraverso tante mostre importanti, inclusa l’attuale, dimostra la ragguardevole coerenza della sua traiettoria, della sua evoluzione secondo le necessità plastiche, per riflessione e poderatezza. Le tele sembrano «scavate» su quadrati, in un vuoto infinito, di una intensa chiarezza, ritagliando con estrema precisione, le zone vellutate.  La capacità d’Eduardo Rodà s’afferma  con il colore che è più di un riflesso sospeso in uno spazio senza gravità. I quadrati definiti in una maniera impeccabile e l’azione ottica  ci gettano in una prospettiva sottile e imprevedibile di uno spazio che noi percepiamo come abitato. Le scelte del suo spazio espressivo emergono anche dal titolo  della mostra soprattutto per le opere piu’ recenti. La paletta dei colori, i quadrati/dettagli, le frequenze che si accoppiano, si separano, si sovrappongono, rimano                         con i sentimenti presenti nello spettatore, colui che vive una coscienza profonda atta a penetrare l’opera. È importante per lo spettatore fare lo sforzo necessario per una penetrazione significativa dell’opera, obligandosi d’astenersi di trovare in questo tipo d’arte, il solo elemento decorativo provocato soprattutto dalla scelta dei colori.

(…) Lo scorrere leggero dei quadrati d’Eduardo Rodà, per esempio, su un fondo a tenore infinito, ci confronta con un sentimento di spazio proiettato verso la dimensione cosmogonica, come se fosse governata da una forza universale impalpabile, ma profondamente sentita, simile a quella che alimenta le nostre nuove nanotechnologie e l’energia del pensiero. Ecco in principio un passaggio dalla meccanicità dell’astrazione dei primi anni, a una possibile astrazione contemporanea, basata sù una energia piu conforme a quella che alimenta i valori intrinsechi delle opere d’arte.

Qui l’artista ricerca attraverso le percezioni technologiche contemporanee, una sintesi, tanto nella forma quanto nella materia e nella luce, capaci di suggerire dei nuovi parametri per una pittura che possa sempre rappresentare con una profonda ponderazione, dei sentimenti semplici e pieni di energia che potrebbero formare una base più avanzata e più conforme alla contemporaneità della nostra percezione e della nostra scienza attuale.

Infine, Rodà lavora sugli strati della composizione, giocando in profondità : molti de suoi quadri sono composti da due piani ravvicinati, quello di fondo, spesso opaco, l’altro piu lucido e quasi trasparente per zone, grazie all’effetto della luce che si riflette. Due piani, che ricevono delle forme, (quadrati, rettangoli, ecc.), entrano in relazione gli uni con gli altri per mezzo di sovrapposizioni,coincidenze, secondo sistemi semplici. Egli esplora i problemi dello spazio, della luce, della profondità, della visibilità, dell’occultazione e del cambiamento, di modo che la posizione dello spettatore diventi responsabile di una modificazione della percezione dell’opera che è anche provocata dall’aspetto della materia/colore.

L’arte di Rodà assicura il mantenimento di un sapere e di una tradizione che sono state sostenute mondialmente da artisti russi, tedeschi, svizzeri, olandesi, polacchi, argentini, francesi, americani, italiani e canadesi.
« Ma l’Arte Astratta resta sempre minacciata dal formalismo e dalla decorazione; quello che è più importante nella forma, preveniva Kandinsky, è di sapere se essa nasce dalla necessità interiore o no ».                          

Testo critico di (Gianguido Fucito) Arteka Cabinet-conseil, 2008  
(Estratti dal catalogo della mostra)        





 © Eduardo Rodà – Vista d’insieme della Mostra  del 2008 -  Foto Archivi Rodà





Eduardo RODÀ
Mini-rétrospective 2008  choix d’Å“uvres depuis 1971.

L’exposition de la Galerie Bernard constitue un important survol de plusieurs années de travail d’Eduardo Rodà. L’artiste, actif sur la scène montréalaise et du Québec, n’a pas été oublié grâce à une production artistique toujours soutenue. Les Å“uvres disponibles se lisent en plusieurs étapes couvrant les années 1971 à 2008. Un document précédent (E. Rodà, Espace, couleur et matière, Arteka 2004) avait déjà présenté l’artiste comme étant celui qui joue sur l’effet matière et sollicite des valeurs sensorielles où le signe, l’épaisseur de la peinture, la vibration des couleurs sont prépondérants.

On retrouve, dans cette minirétrospective, l’évolution de moyens simples, la création d’un espace de projection nouveau genre, poétique et particulièrement impressionnant. Dans le choix des Å“uvres, on retrouve l’espace de perspective, linéaire, géométrique, divisible par des aventures quasi illimitées de l’Å“il sur les surfaces de formes réalisées dans un chromatisme original qui s’applique sur des plans différents afin de donner une sensation de relief.

Espace de projection.

En analysant les Å“uvres d’Eduardo Rodà on les associe
presque immédiatement à l’Art Concret.
L’Art Concret est la création de ce qui est perceptible visuellement et sa réalisation plastique est conditionnée par la couleur, l’espace, la  lumière et le mouvement. Cet art n’est compréhensible que par l’intellect : seuls ceux qui n’ont pas encore fait l’expérience de cet art avec leurs sens, ont besoin de moments de réflexion conceptuelle pour l’approcher.

Dans l’histoire de l’abstraction, l’Art Concret eut une histoire plutôt courte, mais avec beaucoup d’influence sur le développement de l’art moderne et contemporain. Ce terme (Art Concret) inventé par Theo van Doesburg en 1930 pour remplacer le terme Art Abstrait, une revue du même nom qui ne devait connaître qu’un numéro, fut lancé par ce dernier, en avril 1930, moins d’un an avant son décès. Depuis lors, Art Concret a prévalu dans les écrits de certains artistes, tel Arp et Bill. Mais il demeure le terme le plus courant et il faudrait spécifier que de 1910 à 1930, les maîtres de cet art n’ont jamais employé d’autre terme que celui d’Art Abstrait (Kandinsky, Malevitch, Mondrian et van Doeburg).

Rice Pereira, déjà en 1940  a  invoqué l’existence de trois types d’abstraction : la représentative, celle  qui violente les objets naturels pour toucher leur essence ; l’intuitive, celle qui donne la forme au subconscient; puis vient le géométrisme ou scientifique de l’esthétique qui cherche les équivalents plastiques des découvertes révolutionnaires de la mathématique, de la physique, de la biochimie de même que la radioactivité.

La réputation acquise de l’artiste Eduardo Rodà à travers plusieurs expositions importantes, incluant celle-ci, démontre la remarquable cohérence de sa trajectoire, son évolution selon les nécessités plastiques, par réflexion. Les toiles semblent se creuser sur des carrés, dans un vide infini, d’une intense clarté, découpant avec extrême précision, les zones veloutées.  La maîtrise d’Eduardo Rodà s’affirme avec la couleur qui  est plus qu’un reflet suspendu dans un espace sans gravité. Les carrés définis d’une manière impeccable et l’action optique nous jettent dans une perspective subtile et imprévisible d’un espace que nous percevons comme habité.

Le choix de son espace expressif émerge dans le titre de l’exposition surtout pour les Å“uvres plus récentes. La palette de couleurs, les carrés/détails, les fréquences qui se couplent, se séparent, se surimposent, arriment avec les sentiments présents chez le spectateur, celui qui vit une conscience profonde apte à pénétrer l’Å“uvre. Il est important pour le spectateur de faire l’effort nécessaire afin d’obtenir une pénétration significative de l’Å“uvre, en s’obligeant à s’abstenir de trouver dans ce type d’art, le seul élément décoratif provoqué surtout par le choix des couleurs.


Afin de suivre davantage l’évolution de l’Å“uvre de Rodà, il faudrait porter une certaine attention au Cubisme qui a relevé le problème d’une nouvelle représentation de l’espace, et aussi au Futurisme qui a cherché une nouvelle représentation du mouvement; les deux courants, sur le plan des valeurs sociales, exaltent en parallèle la civilisation mécanique, où l’intérêt n’est plus porté vers l’objet, mais vers la matière, comme la physique moderne vers l’énergie. De plus, la peinture abstraite a porté l’insert vers quelque chose de nouveau, c'est-à-dire, l’indication de la théorie de l’univers atomique; les peintres abstraits ont représenté quelque chose de non matériel, mais plutôt de primaire, cosmique et indestructible. Le mouvement MADI (Matérialisme Dialectique) affirme que l’art est un affranchissement dans une société en « devenir » constant. Carmelo Arden Quin est le fondateur du mouvement, depuis 1946 à Buenos Aires; il voulut affirmer que l’art est dans l’espace et qu’il se doit d’explorer toutes les possibilités qui peuvent exister dans la confrontation entre la forme créée et toutes dimensions de l’espace environnant.

Eduardo Rodà est, à sa façon, très proche du mouvement MADI actuel (Art Construit International) en voulant exprimer un art universel sur les règles fondamentales de la physique et de la géométrie comme le seraient les mathématiques en tant que norme universelle, s’appliquant à tous les domaines de la création humaine. Il est donc un artiste contemporain du XXI siècle lié aux influences et à la personnalité des artistes qui l’ont précédé. À travers ses formes synthétisées de figures géométriques élémentaires qui sont la ligne, le carré, le triangle, le polygone, la courbe, le cercle, la croix, le point, il cherche comme plusieurs autres contemporains à travers le monde, le plaisir ou la joie, dans les espaces fondamentaux les plus simples.

Prenons en exemple le tableau de Mondrian du Boogie-Woogie qui apporte vraiment une impression de joyeux abandon (E.H. Gombrich – Invention et Découverte) ;  c’est aussi une sensation que nous découvrons dans plusieurs Å“uvres de Roda, dans les limites d’une discipline qu’il s’était imposée. Il est évident que l’Å“uvre et la démarche d’Eduardo Rodà pour être appréciée à sa juste place, devraient être regardées en fonction des mouvements qui lui sont antérieurs, comme l’Å“uvre de Max Bill, Vantongerloo, Ellsworth Kelly, l’Art Concret suisse depuis 1930 et le mouvement argentin MADI.

Les glissements des carrés d’Eduardo Rodà, par exemple, sur un fond à teneure infinie, nous confrontent avec un sentiment d’espace projeté vers la dimension cosmogonique, comme s’il était gouverné par une force universelle impalpable, mais profondément sentie, similaire à celle qui alimente nos nouvelles nanotechnologies et l’énergie de la pensée. Voici en principe un passage de la mécanicité de l’abstraction des premières années, à une possible abstraction contemporaine, basée sur une énergie plus conforme à celle qui alimente les valeurs intrinsèques des Å“uvres d’art.

L’artiste en chapitre recherche à travers les perceptions technologiques contemporaines, une synthèse, autant dans la forme que dans la matière et la lumière, qui soient capables de suggérer de nouveaux paramètres pour une peinture qui puisse toujours représenter avec une profonde réflexion, des sentiments simples et pleins d’énergie qui pourront former une base plus avancée et plus conforme à la contemporanéité de notre perception et de notre science actuelle.

En conclusion, Rodà travaille dans les plans, en jouant avec profondeur : plusieurs de ses tableaux sont composés de deux plans rapprochés, celui du fond, souvent opaque, l’autre plus lucide et presque transparent par endroits, par l’effet de la lumière qu’il reflète. Ces plans, recevant des formes (carrés, rectangles, etc.), entrent en relation les unes avec les autres par des jeux de superpositions, de coïncidences, selon des systèmes simples. Il explore le problème de l’espace et celui de la lumière, de la profondeur, de la visibilité, de l’occultation et du changement, de sorte que la position du spectateur entraîne ainsi une modification de la perception de l’Å“uvre provoquée aussi par l’aspect de la matière/couleur.

L’art de Rodà assure le maintien d’un savoir et d’une tradition qui ont été soutenus mondialement par des artistes russes, allemands, suisses, néerlandais, polonais, argentins, français, américains, italiens et canadiens.

« Mais l’Art Abstrait reste toujours menacé par le formalisme et la décoration; ce qu’il y a de plus important dans la forme, prévenait Kandinsky, c’est de savoir si elle est issue de la nécessité intérieure ou non ».

(GF)  Arteka cabinet-conseil, 2008






          © Eduardo Rodà – Vista d’insieme della Mostra del 2008 – Foto Archivi Rodà




Eduardo RODÀ
Projection Space,
A selection of works since 1971


The exhibition at Galerie Bernard comprises a critical overview that spans several years of paintings produced by Eduardo Rodà. An active player on the Montreal and Quebec artistic scenes, the artist is ever present, in part because of a full-bodied artistic production. We can experience his works in their different phases, from 1971 to 2008. A previous document entitled E. Rodà, Space, colour and matter, Arteka 2004, had already portrayed the artist as someone who plays on the effects of his medium, triggering sensorial values where figures, a thick layer of paint, and vibrating colours are dominating factors.

We discover the trend of simple means in this one-man show, the creation of a new genre of projection space, poetic and especially impressive.  Within the selection of his works, there emerges a space for a linear, geometric perspective, divisible by a quasi-unlimited roaming of the eye over surfaces whose forms are created by unusual colourings applied on different planes that project an impression of depth.
In analysing Rodà’s paintings, we associate them almost immediately with Concrete Art.  Concrete Art creates what is visually perceivable and its plastic realisation is conditioned by colour, by space, by light and movement. This form of art is grasped solely by the intellect: those who as yet have not experienced this art will need a few moments of conceptual reflection to understand it.

In the history of abstract art, Concrete Art was short-lived but its influence on the development of modern and contemporary art is immeasurable. Theo van Doesburg coined the term ‘concrete art’ in 1930, using it to replace ‘abstract art’. This was also the name of a magazine he had launched in April 1930, of which a single issue was printed less than a year before his death. One should note that since then, concrete art dominated articles written by several artists, such as Arp and Bill, but the fact remains that this term is the most current and, specifically from 1910 to 1930, the masters of this art (such as Kandinsky, Malevitch, Mondrian and van Doesburg) never used any other term but  ‘abstract art’.
As early as 1940, Rice Pereira defined the existence of three types of abstraction: the representative kind that assaults natural objects, affecting their core essence; the intuitive kind, which gives shape to the subconscious; and finally, the geometric or scientific notion of beauty that seeks its equivalent in plastics and emanates from the revolutionary discoveries of mathematics and physics, of biochemistry, and as well, radioactivity.

Eduardo Rodà has acquired a reputation thanks to several major exhibits, including this one, demonstrating the remarkable coherence of his trajectory, his development through thought, in accordance with plastic requirements. The canvases seem to dig themselves into squares, into an infinite void of intense clarity, making the velvety areas stand out with such precision. Rodà’s mastery affirms itself with colour, more than just a suspended and jutting reflection, in a no-gravity space. The squares, defined in such an impeccable manner, and his optic achievement throw us into a subtle, unpredictable perspective, a space we see as inhabited.
His choice of expressive space emerges in the exhibit’s title, especially in reference to his most recent works. The colour palette, the squares\details, the frequencies that join and separate, then superimpose, are asserted with the emotions felt by the viewer, the viewer who experiences a profound understanding, capable of delving deep into the painting.  It is essential for the viewer to make the necessary effort to attain meaningful insight into Rodà’s work, by imposing abstinence of searching for the lone decorative element in this type of art, elicited mostly by colours.

To better follow the evolution of Rodà’s paintings, one must think cubism, raising the idea of a new depiction of space, and, as well, futurism, seeking a new image to represent movement. On a level of social values, these two currents combined exalt a mechanical society where, rather than just concentrating on matter, one’s curiosity focuses instead on the object, similar to the way modern physics is attracted to energy. As well, abstract painting, has brought the insert to a newer level, that is, the indication of a theory of the atomic universe. Abstract painters have represented something not immaterial but rather primary, cosmic and indestructible.  The MADI movement (dialectic materialism) affirms that art is the freedom of a society constantly in the making. Since 1946, the founder of this movement, Carmelo Arden Quin, insisted that art is in space and we must explore every possibility that exists therein by confrontation between the created form and all the dimensions in the surrounding space.

Eduardo Rodà is, in his own way, very close to the current MADI movement (International Constructed Art), in wanting to express a universal art on the basic rules of physics and geometry, as are mathematics as a universal standard, applied to all sectors of human creation.  He is therefore a contemporary artist of the 21st Century, attached to the influences and to the personalities of artists who have preceded him. Through his synthesized forms of elementary geometric figures – these being lines, squares, triangles, polygons, arcs, circles, crosses, points – he seeks, as do many of his contemporaries across the world, the pleasure or the joy in the most simple of fundamental spaces.

Let’s take for example Mondrian’s canvas Boogie-Woogie, which projects an impression of such joyous abandon (E. H. Gombrich, Invention et Découverte (Invention and Discovery)). We discover this same feeling that we discover in Rodà’s works, contained within the limits of a self-imposed discipline.  It is obvious that in order to appreciate them in their just place, Rodà’s work and his approach should be judged on the basis of prior movements, such as the works of Max Bill, Vanongerloo, Ellsworth Kelly, the Swiss concrete art since 1930, and the Argentine MADI movement.

For example, Rodà’s slips of squares on a background of infinite application, challenge in us a sense of projected space towards a cosmogonic dimension, as if it were governed by an impalpable universal power yet felt so profoundly, similar to the one that sustains our new nano-technologies and thought energy. Here is an opening into the mechanics of abstraction, as demonstrated during its first years, towards a contemporary abstraction based on energy that is more in line with supporting the intrinsic values of art works.
Through contemporary technological perceptions, Rodà looks for a synthesis – an integration of form as much as matter and light, capable of suggesting new parameters for paintings that always represent through deep thinking the simple feelings full of energy that can form a more advanced base that is more in line with our contemporaneous perception and current science.

In conclusion, Road works with planes by playing with depth: several of his paintings are composed of two fronts brought together, one in the background, often opaque, the other more distinctive and almost transparent in certain areas, through the lighting effect that it produces. These fronts to which forms are added (squares, rectangles, etc.), relate to one another via overlapping integrations, coincidences, following a very simple set of principles. He explores the issue of space and light, of depth, visibility, shadowing, and variation in such a way that the viewer’s position brings about a new perception to the canvas, forced also by the appearance of matter-colour.
Rodà’s art ensures that knowledge and traditions, in the past upheld worldwide by many Russian, German, Swiss, Dutch, Polish, Argentine, French, American, Italian, and Canadian artists, are continued today.

As explained by Gianguido Fucito, “Abstract Art is always threatened by formalism and decoration; Kandinsky warned us: what is most important in form, is to know whether it stems from internal necessity or not.”
Texts and graphism:
(GF) Arteka cabinet-conseil
Translation: Ana Domenica Rodà




















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